Le pellicole surreali e sovversive della regista Akosua Adoma Owusu sono ibridi poetici che includono affascinanti filmati folcloristici, di repertorio e found footage, icone della cultura pop nera, scene di vita quotidiana, storie tramandate oralmente ed esperienze semi-autobiografiche. Owusu, ghanese-americana di prima generazione, esplora le spinose questioni della memoria culturale e dei processi di assimilazione dei membri della diaspora africana, includendo coloro che come lei sono nati negli Stati Uniti. L’artista applica la nozione di “doppia coscienza” che lo studioso e attivista per i diritti civili W.E.B. Du Bois utilizza per indicare la convivenza di inconciliabili ideali “bellicosi” all’interno delle identità afroamericane e, definendola “tripla coscienza” o “terzo spazio cinematico”, ne amplia il senso per combattere le difficoltà vissute dagli immigrati africani, dalle donne o dalle persone queer che vivono confrontandosi con coscienze mutevoli. Nel cortometraggio Kwaku Ananse (2013), Owusu espone la propria prospettiva teorica, rappresentando congiuntamente la storia del malizioso eroe Ananse e la testimonianza semi-autobiografica di una giovane donna alle prese con la propria famiglia, una crisi esistenziale, la morte di un padre estraneo e la sua doppia vita negli Stati Uniti. Nell’interpretazione di Owusu, una giovane donna in cerca del consiglio di Ananse tenta di preservare le tradizioni popolari, ma allo stesso tempo è costretta a scontrarsi con la verità per cui l’identità di ogni persona presenta molteplici sfaccettature, potenzialmente in conflitto tra loro.
Madeline Weisburg