fbpx Biennale Cinema 2017 | Kenji Mizoguchi - Sanshō dayū (L'intendente Sansho)
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Cinema

Kenji Mizoguchi - Sanshō dayū (L'intendente Sansho)

Giappone (1954) / 126’
dal racconto omonimo di 
Ougai Mori

lingua Giapponese
cast Kinuyo Tanaka, Yoshiaki Hanayagi, Kyoko Kagawa, Eitaro Shindo
sceneggiatura Fuji Yahiro, Yoshikata Yoda
fotografia Kazuo Miyagawa

montaggio 
Mitsuzou Miyata
scenografia Kisaku Ito
costumi Shima Yoshizane

musica 
Fumio Hayasaka
suono Iwao Otani
restauro a cura di Kadokawa Corporation The Film Foundation

con la collaborazione di The Japan Foundation
laboratorio Cineric
Audio Mechanics

 

SINOSSI

Quando un governatore idealista disobbedisce al suo signore feudale, viene mandato in esilio mentre moglie e figli sono costretti a provvedere a se stessi, fino a quando sono allontanati gli uni dagli altri da schiavisti crudeli. Il figlio e la figlia del governatore crescono nel campo di schiavi dell’intendente Sanshô. Anju crede ancora agli insegnamenti impartitile dal padre che raccomandava di trattare tutti con umanità, mentre Zushiō ha soffocato la propria generosità, diventando un sorvegliante che punisce gli altri schiavi credendo che questo sia l’unico modo per sopravvivere. Anju sente una nuova schiava che viene da Sado cantare una canzone in cui si parla di lei e del fratello. Si convince così che la madre sia ancora viva e i due provano a fuggire per ricomporre la famiglia. Ambientata nel periodo Heian, questa classica storia giapponese è riconosciuta come uno dei maggiori capolavori del cinema, una monumentale ed empatica manifestazione della resistenza contro il male.

NOTA CRITICA

La dualità inerente all’opera di Mizoguchi è qui subito trasparente nella sceneggiatura. La storia è d’ispirazione profondamente religiosa. Può essere interpretata come il racconto di un’anima che lascia le ragioni eteree per venire a reincarnarsi e subire la schiavitù opprimente della materia, del corpo, della vita di cui l’intendente Sanshô è il simbolo (è al servizio degli dei contro l’uomo). Allo stesso tempo però il suo film ha anche un carattere violentemente antireligioso, ateo. Si presenta infatti come una constatazione implacabile, come una denuncia dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo: come la constatazione della necessità, per quest’ultimo, di lottare senza tregua contro l’iniquità, per la giustizia.

Jean Douchet, Conoscenza di Mizoguchi in Il cinema di Kenji Mizoguchi, La Biennale di Venezia, 1980.

Sala Giardino

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30126 LIDO DI VENEZIA
TEL. 0415218711
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