Aloïse Corbaz ha trascorso la maggior parte della sua vita confinata in un ospedale psichiatrico svizzero, dove ha realizzato opere d’arte caratterizzate da una concezione surrealista della natura infinitamente rivelatrice della passione romantica. Impiega materiali rudimentali facilmente reperibili come dentifricio, filo ed estratti vegetali, oltre a matite colorate e pastelli a olio. Cloisonné de théâtre (1941–1951), un’epopea a più pannelli che raffigura una serie di ardenti abbracci in un contesto sfarzoso, è strutturato in “atti”. Come in molte delle sue opere, le figure femminili ammantate di splendore o di una voluttuosa nudità hanno il ruolo di protagoniste. Nel 1936, la sua attività pittorica è portata all’attenzione del suo medico, che a sua volta la segnala a Jean Dubuffet; il lavoro di Aloïse diventa quindi una presenza chiave nella collezione di Dubuffet e della sua teorizzazione dell’Art Brut, ammirata da Breton e da altri esponenti chiave del Surrealismo e del Modernismo del XX secolo.
L’opera di Aloïse Corbaz è esposta per la prima volta alla Biennale Arte.
—Sybilla Griffin