fbpx Archivio Storico | Archèus. Labirinto Mozart. Descrizione
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Archèus

Labirinto Mozart

Presentazione generale

Il progetto Archèus. Labirinto Mozart si fonda su una commistione di codici espressivi in cui la teatralità musicale del Flauto magico incontra le risorse estetiche del contemporaneo. In Archèus, i caratteri formali del linguaggio installativo (in primis l'immersione ambientale dei partecipanti e la loro attivazione cognitiva e percettiva) vengono esplorati in connessione dinamica con la Zauberflöte, la quale favorisce questa operazione da un lato per l'intrinseca natura multimediale dell'opera lirica, dall'altro per la sua stessa struttura narrativa fiabesco-sapienziale, che invita chi ne fruisce a condividere con i personaggi una sorta di rituale trasfigurazione.

Il Flauto magico si sviluppa come un viaggio iniziatico che viene percorso da Tamino (oltre che da Pamina e in grado diverso dall'aiutante Papageno). Il cammino si realizza come un transito dal buio alla luce, secondo una struttura narrativo/sapienziale in cui i personaggi passano da un'iniziale fiducia data al regno della notte, scambiato per la verità, fino alla conquista della saggezza solare, nella quale la notte è riconosciuta come forza che divide e annienta ed è sconfitta da un'unità di grado superiore. Avviene così un rovesciamento di prospettiva, sia in Tamino che nella percezione del pubblico. La Zauberflöte infatti chiede anche allo spettatore di prendere parte a una trasformazione, a un cambiamento del proprio pensiero.

L'installazione dialoga con l'opera di Mozart esattamente all'altezza di questi tre cardini: a) viaggio di iniziazione; b) rovesciamento delle prospettive; c) immersione dello spettatore nel percorso di trasformazione.

a) Il percorso di iniziazione prende avvio dall'oscurità di un ampio ingresso che si restringe fino alla strozzatura di una porta che conduce in un tunnel buio dove la vista si annulla e si amplifica l'ascolto, guidato solo dalla melodia del flauto di Tamino. Il cammino di scoperta e trasformazione dello sguardo si snoda attraverso cinque stanze, cinque stadi: 1) il trauma di un incontro con una sfinge che interrompe l'esperienza ordinaria per proiettare in una dimensione selvatica e ignota; 2) una stanza asettica da cui fuggire verso una nuova luce; 3) la lotta del cacciatore/cercatore con il corvo nero, custode dell'oro alchemico; 4) il passaggio verso un nuovo livello di conoscenza, in cui sparisce la scissione tra soggetto e oggetto: il cacciatore è preda, muore a se stesso per rinascere in una dimensione che buca gli orizzonti e i codici; 5) l'esperienza di un'integrazione raggiunta, in cui i corpi dei partecipanti si fanno raggio di luce, immersi nella radiazione calda di un Uovo cosmico.

b) Riguardo al rovesciamento di prospettive, nell'installazione questo movimento è portato all'estremo, agendo come dispositivo estetico che favorisce lo scaturire di un'esperienza rinnovata: il sopra finisce sotto; l'alto diventa basso; il piccolo si fa grande e il grande piccolo; il cacciatore viene cacciato; il contenente è anche il contenuto. In questo gioco si incarna principalmente la dimensione di Wunderkammer dell'installazione, cui si fa riferimento nel titolo.

c) Infine, lo spettatore. Egli è chiamato a farsi partecipante attivo. Sbalzato da subito nella posizione di Tamino, si trova ad attraversare il buio, a confrontarsi con l'enigma, ad attivare risorse cognitive ed emotive interagendo semioticamente con le spazialità in cui è immerso. Il percorso procede secondo vari momenti, scandendo i passaggi da una situazione iniziale nella quale lo spettatore è di fronte a un segno decisivo, fino alla conclusione in cui egli è immerso nel simbolo, respira in esso, nell'Uovo cosmico.

In ogni stanza è localizzata una sorgente sonora, in punti discreti ma significativi, che amplificano lo spazio percettivo. La musica utilizzata è la registrazione di brani tratti dal Flauto magico realizzato al Teatro La Fenice nel 2015 con la regia di Michieletto e la direzione musicale di Antonello Manacorda. Le arie scelte, dopo la melodia del flauto nel tunnel iniziale, indicano esse stesse la direzione di un viaggio, che va dalla voce furente della Regina della Notte alla dimensione corale raggiunta nella quarta stanza, con l'inno a Iside e Osiride.

All'uscita dalla stanza quarta, un ultimo tunnel oscuro, in cui tintinna il Glockenspiel di Papageno, in grado di trasfigurare e integrare l'oscurità in un gioco melodico infantile che prelude all'ultima stanza, in cui è diffusa la motilità vivace dell'Ouverture, ultimo rovesciamento per un nuovo inizio.

Infine, in Archèus il viaggio verso l'illuminazione è anche un percorso dell'illuminazione. Si potrebbe dire che per vari passaggi si procede dal lumen alla lux, ossia si parte da una luce che illumina un oggetto o lo spazio in modo astratto e freddo, per giungere all'ultima stanza, in cui una luminosità calda emana dal luogo e dai corpi ed emanando crea e vivifica.

Il nome Archèus è termine alchemico che indica il principio attivo e germinante che abita al cuore degli elementi e ne custodisce la vitale potenza di trasformazione. Archèus non richiama un passato sepolto, ma evoca una forza sempre presente e rigenerante, come la dimensione infantile che nell'uomo è contemporanea ad ogni sua età.

Descrizione dell’installazione

Imbuto
L'ingresso nell'installazione avviene entrando in un imbuto nero, in cui i partecipanti procedono passando dalla larga apertura e dirigendosi verso la strozzatura di una porta stretta che si immette in un tunnel, da cui arriva l'eco di una melodia. Si va nell'ignoto, nel rischio. Il ventre della balena. Il transito necessario nelle spire del labirinto.

Tunnel 1
Si entra nel serpente nero, dove la vista ordinaria è azzerata, perché dal cammino possa sorgere uno sguardo ulteriore. Nello smarrimento l'unica guida è la musica: un flauto nella notte. Bisogna affidarsi, lasciarsi condurre, far accadere un puro ascolto.
La melodia diffusa nel tunnel è tratta dall'aria Wie stark ist nicht dein Zauberton.
Nel brano mozartiano, il protagonista Tamino alterna suono del flauto e canto ed esalta il potere magico della musica nell'affrontare la dimensione più caotica dell'esistenza (Quale potere ha il tuo suono incantato,/ flauto soave, se alle tue note/ persino gli animali selvaggi provano sensi di gioia). Gli animali sono attratti dal suono del flauto e accorrono accanto all'eroe, per sparire quando il flauto lascia il posto alle parole cantate. Nel cunicolo buio dell'installazione risuona solo la melodia, senza parole. Sublimazione della forza orfica del suono, in grado di dare un ritmo e una forma all'informe.
La musica sarà presente anche nei successivi Tunnel 2, 3, 4, 5 e sarà elaborata ogni volta con filtri elettronici per creare una situazione immersiva.

Prima stanza
Nella stanza la nebbia e l'oscurità sono tagliate dai fari di un'auto capovolta, che quasi abbagliano i partecipanti e creano uno stato di allarme. I partecipanti camminano lungo la fiancata della macchina, sfiorando il muro, e vengono colti da un'apparizione: un uomo-uccello, che inquieta col suo insondabile occhio di rapace e il suo nudo e vecchio corpo. Un'irruzione sfingica, che segna nel vivo: un trauma, un buco nella trama. La figura ibrida offre una freccia. Enigma che non dice, ma lancia oltre sé, nell'aperto. I partecipanti sono invitati a farsi cacciatori dell'ignoto.
In questa prima stanza, la musica diffusa è Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen, la seconda aria della Regina della Notte, che con voce tempestosa invita la figlia a uccidere Sarastro, il gran sacerdote, incarnazione della luminosa conoscenza e della saggezza: Sii ripudiata per sempre,/ abbandonata per sempre,/ siano distrutti per sempre tutti i vincoli naturali/ se Sarastro non spirerà per tua mano.
Nell'installazione, questo brano giunge dalla radio dell'automobile rovesciata, come un appello che arriva da un tempo ormai messo sottosopra dal passaggio al buio e dall'incontro con l'uomo-uccello. Il viaggio iniziatico è cominciato, e il canto della regina è l'invito a rinunciare, a tornare indietro, a non credere che si possa procedere oltre l'ordinario.

Tunnel 2
Seconda stanza
L'incontro con l'enigmatico uomo-uccello ha funzionato come uno specchio: per rimbalzo, si torna in uno spazio chiuso, dal perimetro delineato e preciso. Un luogo della mente, che si svela ora glaciale e inabitabile. L'epifania ha innescato un ordigno psichico che inoltre ha ribaltato l'ordine e la prospettiva. Nella stanza capovolta, il basso sale in alto, l'alto scende in basso. Le pareti sono state bucate in vari punti per tentare l'esodo, per allargare la coscienza. I fori non cedono luce, solo macerie cadute sul pavimento sottosopra, dove sono anche gli strumenti abbandonati: una scala, una piccozza, una torcia, la corda. Inoltre, frecce sparpagliate, sono slanci ancora lontani dalla meta.
La musica scelta per questa stanza è la Marsch der Priester, marcia strumentale solenne ed elevata, che nell'opera di Mozart è collocata a inizio del secondo atto e segna l'ingresso nel regno sacro di Sarastro. È un Andante affidato in prevalenza ai fiati, con un respiro spirituale. Nella stanza, la musica proviene da un foro nella parete, da cui giunge anche una luce che si scorge solo quando, in loop, l'illuminazione al neon dello spazio circostante si abbassa fino al buio. Musica e luce sono una cosa sola. Nel percorso dell'installazione, la marcia assume il valore di una scoperta e di un richiamo che arriva dalla terra promessa e che incoraggia a proseguire l'itinerario di ricerca.

Tunnel 3
Terza stanza
Il cammino giunge in una terra incognita, dove il piccolo è grande e il grande è piccolo. Chi arriva guarda ed è guardato dall'uccello della soglia, lo smisurato corvo, avversario e segreto alleato. La grande massa nera incombe, stagliandosi in uno spazio bianco, pulito. L'uccello è di fronte, inquietante. Una scheggia di luce custodita nel becco: la mela d'oro, che è fonte di vita e conoscenza. Una moltitudine di frecce conficcate nelle pareti, hanno mancato il bersaglio. Vedere davanti a sé la bestia, vedere il frutto non basta per fare centro. La distanza è ancora troppa, come se ci fosse un invisibile scudo protettivo intorno all'oro, un diaframma che devia le energie della ricerca. Bisogna superare il dualismo tra colui che cerca e l'oggetto della quête. Per uscire dalla stanza, i partecipanti devono passare esattamente sotto la figura incombente dell'uccello.
La musica scelta è Der welcher wandelt diese Strasse voll Beschwerden, il coro degli Armigeri, due guardie al servizio di Sarastro che prospettano a Tamino le prove più estreme come vie per la trasfigurazione del sé: Colui che pieno d'affanno percorre questa via irta di pericoli / diverrà puro attraverso fuoco, acqua, aria e terra.
La musica severa, a tratti lugubre, intonata dai due armati, nell'installazione arriva dal becco dell'enorme corvo nero, inquietante guardiano della soglia.

Tunnel 4
Quarta stanza
La stanza è un monocromo, una distesa uniforme di blu intenso. Al centro c'è una semisfera. Entrando nel perimetro di luce della semisfera ci si trova sotto una cupola d'oro: l'iride radiante al cui centro sta incastonata una pupilla nera. Emanazione di un sole intorno a un'eclisse; congiunzione degli opposti. La pupilla è un cristallo esploso, attraversato da una freccia diretta verso lo sguardo di chi da sotto alza gli occhi. Il cacciatore è diventato caccia, bersaglio di una freccia che è insieme dardo d'amore, forza della conoscenza, segno di morte e rinascita. Un vettore che arriva da una dimensione oltre lo specchio e oltre la rappresentazione e che apre uno squarcio verso l'invisibile. Al di là dei confini dell'immaginabile, la vita si unisce alla conoscenza e la visione si prepara a farsi veggenza. Dal centro dell'occhio risuona un inno di esultanza per una nuova nascita. A intonarlo è finalmente un coro: la trasfigurazione è un'iniziazione alla dimensione plurale e condivisa del vivente.
La musica in questa stanza è O Isis und Osiris, welche Wonne, il Coro dei Sacerdoti: Iside e Osiride, esultiamo! / La cupa notte è dissipata dallo splendore del sole, / presto il giovane si desterà a nuova vita. Tamino è prossimo alla conclusione vittoriosa del percorso iniziatico, la meta è vicina ma non raggiunta. Il brano non è quindi espressione semplicemente pacificata dell'approdo, ma presenta un insieme di chiaro-scuri.
Nell'installazione, la melodia giunge dall'alto, ossia dallo spazio nero aperto oltre la pupilla esplosa, trapassata dalla freccia diretta verso i partecipanti. È il momento decisivo: la morte simbolica, il superamento dell'io individuale (ecco anche il senso della musica corale), la liberazione verso una nuova vita in cui si sperimenterà la congiunzione con l'altro da sé, come nel brano mozartiano si canta l'unione degli opposti (Iside/Osiride, femminile/maschile).

Tunnel 5
Anche questo ultimo tunnel è buio, ma lo smarrimento iniziale è superato. A tintinnare da tutti lati sono i suoni giocosi del Glockenspiel, dalle arie Schnelle Füße, rascher Mut e Ein Mädchen oder Weibchen.
Nell'opera mozartiana il Glockenspiel è lo strumento suonato da Papageno, l'uccellatore, che, accompagna Tamino nel viaggio iniziatico, senza raggiungere il grado più alto di elevazione spirituale, rappresentando invece un'umanità legata al corpo e alla semplicità degli istinti naturali, lontana da slanci mistici ed eroici. Sebbene Papageno non sia l'eroe che giunge alla consacrazione spirituale, Mozart riserva ad esso sia la prima aria che l'ultima dell'opera, mostrando una predilezione per questo personaggio comico e popolaresco. Le melodie del Glokenspiel portano nell'opera una dimensione aerea, giocosa che toglie gravità al carico simbolico del Flauto magico donandogli una freschezza mirabile.
Nel tunnel finale, la diffusione della melodia del Glockenspiel magicamente trasforma il buio in una dimensione diversa da quella incontrata all'ingresso del percorso. Ora che il cammino ha attraversato le diverse tappe e prove, l'oscurità non minaccia e non spaventa, ma essa è un grembo in cui si può danzare con la leggerezza di un'infanzia ritrovata.

Quinta stanza
La stanza è uno spazio ovale, irrorato da una luce rossa, in cui ci si trova immersi. I partecipanti sono presi nel respiro di questa luminosità senza spigoli, che ha il colore caldo di un fuoco generatore. Di fronte a loro, al centro della sala, un uovo liscio, con un cuore vibrante. Dall'alto fluttua, salendo e scendendo, una forma trasparente e amniotica: sistole e diastole del nascere. Secondo molte cosmogonie, i mondi escono dall'indeterminato grazie all'irruzione di un suono che fende il silenzio delle origini. Le forme sono generate dal ritmo. Anche qui, dall'uovo cosmico, giunge una musica: l'Ouverture.
L'Ouverture del Flauto magico condensa in una sorta di sintesi e ritratto in divenire, il profilo dell'opera e ne esprime la natura magica attraverso una costante e lieve motilità. Un'energia sonora che si moltiplica e sembra giocare a rincorrere se stessa, grazie alla ricca scrittura contrappuntistica. Nella stanza finale dell'installazione, la musica dell'Ouverture proviene dall'interno dell'uovo posto al centro dello spazio. Che il brano iniziale dell'opera sia messo alla fine del percorso, rappresenta l'ultimo rovesciamento (il rovesciamento è un aspetto costante di tutto il progetto) e allude al fatto che la conclusione del cammino non termina ma si apre su un nuovo modo di essere, una nuova vita, un nuovo e più vasto cominciamento.

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