Spinto da un legame profondo con le proprie radici artistiche, con l’incarico di Direttore, Willem Dafoe torna alla sua casa d’origine: il teatro. E da Maestro e autentico artista qual è ci ha subito riportato ai fondamentali della disciplina, con un insegnamento chiaro e diretto: concentrarsi sull’unità di base del teatro, cioè il corpo dell’attore. Per questo suo primo anno di direzione ha selezionato autori che conosceva e stimava, già parte di un percorso decennale vissuto da protagonista, figurando egli stesso tra i fondatori del leggendario Wooster Group, compagnia teatrale dell’avanguardia newyorkese di fine anni Settanta. Ma ha anche scelto di valorizzare il lavoro di giovani registi e compagnie emergenti che mettono il corpo dell’attore al centro del loro lavoro creativo, ponendo particolare attenzione alla costruzione della Biennale College, ormai rodata palestra di futuri talenti e autori.
Il corpo è il canale tutto umano attraversato dalla poesia della parola, che si fa voce, azione, movimento, espressione. Così in piena epoca di evanescenza, Dafoe ribadisce che la presenza fisica non può essere rimpiazzata da nessuna promessa di ubiquità o lusinga di onniscienza. Che la carne e le ossa sono la premessa dell’esistere. E che qui e ora, oltre che conditio prima della dimensione teatrale, sono conferma stessa di umanità. Il corpo è poesia, dal greco poiein (ποιεῖν), fare e produrre, leggiamo nella presentazione del programma Theatre is Body – Body is Poetry. Il testo teatrale attraversa e abita il corpo, inteso come cuore battente del teatro, come strumento primo dell’attore, interlocutore tra drammaturgia e pubblico. È nel libero arbitrio del gesto, nell’educazione della voce, nel sentire delle membra, che si svolge quell’esercizio di libertà che è calcare il palcoscenico. Il corpo è dunque l’unica verità, la più diretta, la più sincera, la più delicata. E nel perfetto controllo del corpo scenico di Dafoe ci sono sempre state la disciplina, la conoscenza, la passione e la profonda consapevolezza. Lo ha sperimentato su se stesso nella sua lunga e gloriosa carriera, spingendosi fino al limite psichico e fisico dei personaggi incarnati, valga per tutti l’Idiot Savant portato in scena nel 2009 per la regia del compianto Richard Foreman, in cui ha restituito sino allo spasimo ogni vibrazione del formulario dei sensi. Tutti elementi, questi, che porta in dote alla sua Biennale Teatro. Scarnificare la sontuosità della macchina scenica per arrivare all’elemento primo e imprescindibile significa tornare alle origini, a un corpo che è involucro ma anche dispositivo mistico: commovente, fragilissimo e al contempo strumento di espressione assoluto, beauty of the theatre rite, in cui si incarna il Teatro stesso.
Ci sono due momenti emblematici della Comoedìa che ci possono venire in soccorso per comprendere a fondo cosa significhi abitare un corpo nella sua consistenza. Nell’incedere per regni abitati da puro spirito, Dante evidenzia la presenza materiale del suo corpo fisico attraverso la gravità. Il “caddi come corpo morto cade” non solo anticipa in versi la mela di Newton, è figura suprema di esistenza terrena. Ma c’è un altro elemento che distingue il poeta dalle anime eteree dell’oltretomba: nel dichiararsi vivo tra i morti sul Monte del Purgatorio, si fa difatti riconoscere dall’ombra proiettata. E fu Roberto Longhi a scorgere in questo elemento il viatico per l’Umanesimo, quel ben preciso momento di ritorno all’uomo per tramite del suo corpo, legando l’ombra dantesca a quella dipinta da Masaccio nel capolavoro custodito nella Cappella Brancacci presso la Chiesa del Carmine a Firenze. Che Adamo ed Eva siano fuori dal Paradiso Terrestre, che i loro corpi siano ben piantati in terra e da quell’attimo in poi in balìa della incerta condizione umana, lo annunciano i pianti, la disperazione, ma soprattutto la loro ombra. Proprio di questi mesi è l’apparizione nelle sale delle Gallerie dell’Accademia dell’Uomo Vitruviano, riflessione di Leonardo Da Vinci sulle proporzioni umane, in cui il corpo è inscritto nella perfezione celeste del cerchio e nella solidità terrestre del quadrato. Ecco l’ombra, ecco la misura, ecco l’unità di produzione che Dafoe ha tenuto presente per il 53. Festival Internazionale del Teatro che porta la sua firma.
Si ringrazia il Ministero della Cultura per il suo importante contributo, la Regione del Veneto per il sostegno, la Rai Media Partner e Vela – Venezia Unica.
Si ringrazia inoltre per la collaborazione: il Comune di Venezia, la Fondazione Forte Marghera, la Fondazione Teatro La Fenice, il Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni”, il Polo Museale Veneziano, la Marina Militare e Difesa Servizi, APS Live artscultures ETS.