fbpx Archivio Storico | Il Carnevale squarcia la nebbia - 2006
La Biennale di Venezia

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Venezia, Scaparro, La Biennale 1980, 1981, 1982, 2006 dall’Archivio Storico della Biennale di Venezia

Il Carnevale squarcia la nebbia

2006

Carnevale.
Teatro.
Utopia possibile

C’è una scritta in cinese che campeggia accanto al logo del Carnevale del Teatro che La Biennale ed io abbiamo voluto dedicare, nel 2006, alla Cina.
Quella scritta significa crisi, ed è composta da due ideogrammi. Il primo vuol dire pericolo, il secondo opportunità. Insieme comunicano, almeno a me, che il periodo che stiamo vivendo può riservarci comunque nuove avventure e, se le sapremo cogliere, nuove opportunità. Vale per i rapporti con la Cina, ma anche per il teatro, per gli artisti, per la cultura. Vale per tutti coloro che in questo mondo in via di globalizzazione sono alle prese con nuove pericolose disattenzioni nei confronti della creatività artistica. Vivo questa avventura come prima parte di un progetto assai più vasto, di nuovo segno, che nel 2006 tenterà di far ridiventare Venezia città viva, non solo teatralmente. Una città che ha voglia di rivitalizzarsi, di ripopolarsi di studenti che possano realmente farne parte attiva, di artigiani e artisti (l’etimologia dei due termini è la stessa) che decidano di stabilirsi qui, per periodi più o meno lunghi, ma comunque per costruire assieme ai veneziani, una vera e propria “isola dell'intelletto”, definizione kantiana che mi ha suggerito, in un recente incontro, Massimo Cacciari.
D'altra parte non conosco altra città al mondo, al pari di Venezia, capace di far coesistere teatro e piazza. Anche per questo abbiamo deciso che nel 2006 il Festival Internazionale del Teatro, dedicato a Gozzi e Goldoni, si svolga dal 14 al 28 luglio, per poter utilizzare teatri e campielli. Venezia Città del Teatro. Devo stare attento a non farmi sfuggire ancora una volta, per questo sogno, il termine Utopia, che mi è fin troppo caro. Ma qui, a dire la verità, ci vorrebbe proprio. Utopia Possibile. Sarà grande merito della Biennale - se ci riuscirà – di averle dato principio, e della città di Venezia e dei veneziani, se sapranno essere protagonisti di nuovi confronti, nuove conoscenze, nuovi stimoli culturali che possano ricollegarsi alle parole che usa Marco Polo nel Milione pensando alla Cina: maraviglia et diversitade.

 

Maurizio Scaparro
Direttore Settore Teatro

Le città invisibili

Non è detto che Kublai Kan creda a tutto quello che dice Marco Polo quando gli descrive le città visitate nelle sue ambascerie. Così cominciò un resoconto di viaggi attraverso città che non trovano posto in nessun atlante. All’estraniamento geografico s’accompagna quello storico. Non si sa a quale presente, passato, futuro appartengano queste città che si chiamano ognuna con un nome di donna.
Ad apertura del libro, gli aromi che si raggiungono sono quelli di un Oriente da Mille e una notte, ma a poco a poco il repertorio dei segni cambia e ci si ritrova in mezzo alla megalopoli contemporanea. Le città del sogno proiettano i loro nomi sulla nostra immaginazione e si fanno pian piano quasi invisibili. Pedro Cano ha conosciuto Calvino e dalla moglie ha ricevuto una prima edizione nel 1972 come omaggio: per anni ha tentato di tradurla in questa specie di quaderno di viaggio nel quale il luogo visitato non viene dal reale, ma dalle parole di Italo Calvino, uno degli scrittori italiani più importanti degli ultimi 50 anni. Questa edizione riproduce i cinquantacinque disegni stampati su carta opaca Naturalis da 350 grammi chiusa con nastro.

 

Maurizio Scaparro

Archivio Storico
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