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La Biennale di Venezia

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Dichiarazioni dei

Direttori Artistici

Cecilia Alemani
Direttrice del Settore Arte

Le muse inquiete è una mostra che ripercorre i sentieri incrociati della Biennale e della storia del Novecento, presentando documenti, materiali di archivio, carteggi, fotografie, filmati e opere d’arte che raccontano di quei punti nevralgici in cui la storia della Biennale si è sovrapposta a quella del secolo scorso. Le arti visive, il primo settore della Biennale inaugurato nel 1895, dialogano con le discipline di cinema, teatro, musica, architettura e danza, in una conversazione multiforme e inedita che ripercorre eventi e manifestazioni artistiche che hanno registrato e risposto agli eventi più drammatici della nostra società. Il periodo fra le due guerre mondiali, gli anni della guerra fredda, le rivoluzioni del ’68, i cambiamenti degli anni ’70 e la globalizzazione sono alcuni dei punti nodali che fanno da sfondo alle vicende artistiche della Biennale. Le muse inquiete è una mostra – concepita in un momento di emergenza come quello attuale – che guarda alla storia della Biennale per capire come nel corso del Novecento la storia e le molte trasformazioni culturali e sociali hanno investito l’istituzione veneziana e come La Biennale ha saputo accogliere e amplificare i segnali del presente anche nei suoi momenti più drammatici.

Alberto Barbera
Direttore del Settore Cinema

Anche senza l’endorsement di Lenin, che lo indicò come la più importante fra tutte le arti (Hitler e Mussolini si sarebbero accodati in seguito), nulla avrebbe potuto impedire che il cinema diventasse lo specchio del Novecento, il testimone più affidabile del secolo scorso, l’occhio imperturbabile capace di registrarne gli avvenimenti di volta in volta festosi, tragici, quotidiani o epocali, fissandoli per sempre sull’emulsione fotosensibile. Non deve pertanto stupire che il cinema – accolto alla Biennale con pari dignità rispetto alle Arti Visive, seppure con qualche decennio di ritardo – ne abbia condiviso pienamente la funzione di prisma cui il caso, o forse il destino, ha assegnato il compito di rispecchiare gli snodi cruciali della grande Storia del secolo breve, i momenti di svolta e gl’istanti di rottura. Di tutte le storie che i film hanno raccontato nella loro inesauribile vocazione narrativa, questa non è forse la meno interessante, sulla quale oggi più che mai vale la pena di interrogarsi.

Marie Chouinard
Direttrice del Settore Danza

Tersicore alla Biennale
La danza è apparsa come settore alla Biennale di Venezia nel 1999, grazie all’iniziativa del suo Presidente, Paolo Baratta; Carolyn Carlson, che era già stabilita a Venezia, fu la sua prima Direttrice.
Nel secolo precedente, Tersicore era preoccupata: la danza era invitata solo occasionalmente alla Biennale sia dal Settore Musica che dal Settore Teatro.
È nel 2017 che La Biennale, Settore Danza, apre finalmente il suo College ai giovani coreografi; prima di allora, e Tersicore ne era ancora preoccupata, il college era consacrato alla sola formazione di interpreti (danzatori).
Ho sognato di offrirvi una retrospettiva, tutta immaginaria, di ciò che avrebbe potuto essere la danza alla Biennale prima del 1999.
Tersicore ne era felice.
Ho anche pensato di offrirvi una sala dedicata al Judson Group, usando come pretesto il passaggio di alcuni dei suoi coreografi alla Biennale degli anni ’60 e ’70.
Tersicore e anche le sue consorelle, le altre muse, hanno esultato alla rievocazione della tabula rasa creata da queste donne americane, tra cui una di origine italiana: Simone Forti.
Ho anche sognato una stanza aperta alla partecipazione del pubblico: un invito a sognare la danza per i prossimi anni in Italia...
Tersicore, sei preoccupata?
Neghi sorridendo.
Tu sei al di là della loro storia

Ivan Fedele
Direttore del Settore Musica

Muse inquiete quelle dei sei Settori della Biennale di Venezia, muse che hanno navigato per oltre un secolo col piglio dell’esploratore inesausto ma sempre teso alla scoperta di mondi sconosciuti. Destini febbrili che si intrecciano nel tempo e nello spazio disegnando storie di immaginazione nuova, spesso controversa ma sempre rivolta alla ricerca di una dimensione vera. E la verità nell’arte è la testimonianza più genuina della coscienza individuale e collettiva che si incontrano e si incrociano nell’unicità dell’esperienza sensibile. I mondi della creatività ci restituiscono le esperienze condivise dell’umanità tutta, quelle concilianti come quelle conflittuali, filtrate dalle unicità urgenti di artisti che credono nel ruolo profetico del loro pensare e del loro agire. Destini incrociati, nuove rotte da tracciare.

Antonio Latella
Direttore del Settore Teatro

Lo scopo del teatro, o della recitazione, è davvero quello di reggere lo specchio alla natura? Gli attori sono, a tutti gli effetti, il compendio e le brevi cronache del tempo? Le domande di Amleto risuonano fino ad oggi con la stessa forza originaria, consegnando all’arte teatrale il compito di farsi testimone di ciò che accade o è accaduto. Indagando la storia del Novecento della Biennale Teatro, scopriamo frequenti momenti di rottura, dove la posta in gioco è il concetto stesso di spettacolo o di rappresentazione; la cronaca prende il sopravvento, i fatti censurano o offuscano la sublimazione artistica. Da Max Reinhardt a Carmelo Bene, da Brecht all’esperienza in Biennale di Ronconi, la Biennale Teatro ha fin dalla sua inaugurazione raccontato tentativi di fuga, di esilio, utopie di scardinamento delle convenzioni, scontrandosi con veti governativi, contestazioni, incomprensioni. Una narrazione dal passato che dovrebbe, forse, interrogare ciò che pensiamo a noi contemporaneo.

Hashim Sarkis
Direttore del Settore Architettura

L’architettura alla Biennale può anche non essere iniziata ufficialmente nel 1980, ma fin dall’inizio è stata presente come contenitore delle arti e come superficie espressiva dei suoi padiglioni. Attraverso la loro presenza fisica, i padiglioni competevano come rappresentanti di imperi e nazioni, con stili e scale che hanno caratterizzato i Giardini per decenni prima dell’arrivo dell’architettura come soggetto protagonista.
In questo senso, e fino agli anni ’70, quando Vittorio Gregotti portò l’architettura in diversi luoghi della città di Venezia (Magazzini del Sale alle Zattere, Ca’ Pesaro, Chiesa di San Lorenzo, Fondazione Cini, Museo Correr, Cantiere alla Giudecca), l’architettura ha giocato un ruolo convenzionale nei confronti delle altre arti: come ossatura (struttura). Ironicamente, l’architettura ha acquisito la sua capacità di inquietare la musa quando ha perso la sua vera collocazione e i suoi sostegni ed è “scesa” per stare con le altre arti, diventando un contenuto e non solo un contenitore. La Biennale ha costretto l’architettura a giocare, a sperimentare, ad essere contemporaneamente struttura, contenuto, rappresentazione ed esperienza, aprendo tutta una gamma di possibilità per il settore. La Biennale ha dato vita all’architettura stravolgendola.
Ciò che rende unica questa mostra d’archivio è il modo in cui sono affiancati i diversi materiali per confrontarsi nella loro vitalità come forme espressive di (una sola) arte ma anche per essere presenti ed essere rappresentati in modo non gerarchico o classificato all’interno dello spazio dei Giardini. Qui finalmente si scambiano idee, forme e profili, unificati nello stesso spazio che in passato ha dato a ciascuno le sue esclusive pretese di espressività. La Biennale è diventata uno spazio aperto di scambio tra i suoi numerosi media. È finalmente diventata una sola Biennale.

Archivio Storico
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