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Archivio Storico

Amarcord

Frammenti di memoria dall’Archivio Storico della Biennale

Lungo una linea del tempo che scorre dal 1895 al 1999, un itinerario racconta, senza nessuna pretesa di esaurire la lunga e complessa storia della Biennale di Venezia, alcuni episodi della vita dell’istituzione, della sua organizzazione, delle partecipazioni degli artisti e dei curatori all’Esposizione Internazionale d'Arte.

Paolo Baratta

La rivalutazione delle Wunderkammer, che la mostra del 2013 Il Palazzo Enciclopedico portava con sé, è stata all’origine di una tentazione, per noi quella di riconoscere e mostrare quella Wunderkammer che è il nostro Archivio storico, frutto di collezioni appassionate, anche se parziali, ispirate all’utopia di un palazzo enciclopedico dell’arte contemporanea, condizionate dalle ossessioni di chi si è succeduto alla guida della Biennale e dell’Archivio stesso.
Per questo abbiamo chiesto a Massimiliano Gioni di fare un piccolo viaggio all’interno del nostro archivio e, senza assolutamente alcuna pretesa di completezza, trarre da esso elementi e ricordi significativi della nostra storia, disponendo, secondo le sue preferenze, frammenti di una lunga vicenda, curiosità rivelatrici di attitudini, modi di essere e di concepire il proprio ruolo di artista e il rapporto con la Biennale, e di cogliere nella verità elementare del documento quella vibrazione che un libro di storia non sempre sa dare. Non è dunque la storia della Biennale. Ma forse quanto basta per indurre a immaginarla, lasciando al visitatore tale compito, facendolo partecipe di un Amarcord, ricordo.

Massimiliano Gioni
curatore

La mostra Amarcord è una piccola esposizione presentata nel Portego di Ca’ Giustinian, che funge da appendice alla Biennale Arte 2013, Il Palazzo Enciclopedico.
Amarcord è un’incursione nelle stanze della memoria dell’Archivio della Biennale di Venezia, una passeggiata tra i frammenti della vita centenaria della Biennale, ricostruita – senza pretese di completezza – attraverso documenti, lettere, interviste, ricordi e souvenir di artisti, curatori, organizzatori e funzionari le cui voci e testimonianze si intrecciano a formare una storia minore ed episodica.
Come ci ricorda Borges, la memoria – e con essa l’archivio – non è una soffitta polverosa, deposito di oggetti inerti: la memoria è uno strumento legato intimamente a una conoscenza approfondita del reale.
Certo non bisogna scordarsi che la memoria ipertrofica rischia di intrappolarci in quella terra straniera che è il passato. Ma a chi sa vedere il presente in tutta la sua ricchezza e nitidezza, intrecciandolo in ogni istante al ricordo, si aprono le porte di una conoscenza estatica, inebriante, e duplice, perché chi ricorda è come se vedesse due volte.

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