fbpx Biennale Musica 2022 | Paolo Da Col / Mehdi Jalali
La Biennale di Venezia

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Musica

Paolo Da Col / Mehdi Jalali

AD IMMITATIONE DELLE PASSIONI (30’):Testi di Claudio Monteverdi, Giulio Caccini
Lettura performativa:Paolo Da Col
UNFOLDING, 2022, (30’):Mehdi Jalali
Improvvisazione su maqâm:Khan-Amiri, Sahari, Chupi-Razbaari, Savar-Savar e Jelo-Shahi
Tanbur:Mehdi Jalali
RAGHS-E-SAMA DA KHAT-E-SEVOM:2016, prima assoluta
Tanbur :Mehdi Jalali

PAOLO DA COL - 
AD IMMITATIONE DELLE PASSIONI - 
“CANTO” E “DECLAMAZIONE” TRA FIRENZE E VENEZIA ALL’ALBA DEL SEICENTO

Non vi è un solco profondo tra il Cinquecento, secolo della polifonia, e la presunta “invenzione” seicentesca di una nuova forma di canto accompagnato a voce sola. Tuttavia, nel volger del secolo, Giulio Caccini diede alle stampe a Firenze Le nuove musiche (1601), la sua prima raccolta di “canti per una voce sola”, affermando un nuovo stile e “nobil modo di cantare” e vantando il primato della sua invenzione. La prefazione della raccolta rappresenta una sorta di codificazione degli elementi stilistici di questa maniera vocale che egli ritiene vicina alla “natural favella”. In seguito, anche Monteverdi fece ricorso alle attitudini espressive e recitative del madrigale a voce sola. Nella premessa al suo Libro Ottavo di Madrigali guerrieri et amorosi (Venezia 1638), la più vasta trattazione teorica che Monteverdi ci abbia lasciato, egli affermò un’ulteriore novità: l’introduzione del “genere concitato”, desunto dalle categorie dell’antica arte oratoria e applicato alla composizione del Combattimento di Tancredi e Clorinda, su testo di Torquato Tasso. Un’opera “in genere rappresentativo”, già eseguita a Venezia nel Palazzo Mocenigo nel 1626 “in tempo di Carnevale per passatempo di veglia”, nella quale sono esaltate le potenzialità declamatorie del testo poetico secondo principi estetici – dallo stesso Monteverdi espressi nelle sue lettere – oscillanti tra “parlar cantando” e “cantar parlando”.

MEHDI JALALI - UNFOLDING -
PRAYING RITUAL PER SOLO TANBUR

Il tanbur (tembur in curdo) è un antico strumento iraniano da sempre legato alla dimensione spirituale e al sufismo. La musica per tanbur si basa e comprende varie forme di maqām. Questo strumento, oggetto di venerazione in rituali e cerimonie di preghiera, è considerato uno strumento sacro per i seguaci del credo Yarsan e Ahl-e-Haqq, al punto che i musicisti sono soliti praticare l’abluzione prima di suonarlo e ne baciano la paletta al termine di ogni esecuzione.

Il repertorio per tanbur è composto da settantadue maqām, suddivisi in tre gruppi: haqqani maqām (o kalaam), i maqām cerimoniali e i maqām virtuosistici. Gli haqqani maqām o kalaam sono considerati i maggiori e più importanti maqām per tanbur, storicamente considerati più sacri e spiritualmente elevati di altre forme di maqām, datati tra il X e il XIV secolo. I kalaam vengono accompagnati da versi o arie cantate, le cui liriche sono tratte da testi sacri e reliquie dello Yarsanesimo. Alcuni kalaam, rappresentanti preghiere e orazioni devozionali, sono ritmicamente non misurati, altri invece sono caratterizzati da ritmi serrati, con specifiche componenti che vengono ripetute dai partecipanti col battito di mani. Inoltre, numerosi maqām includono ritmiche più veloci, la cui ripetizione dei versi induce nei partecipanti uno stato di trance e meditazione che permette la pratica spirituale Sama.

Secondo il Maestro Tahir Yar Veisi, fino al XIV secolo i kalaam sarebbero stati tenuti segreti al di fuori della cerchia dei devoti. In quel periodo, però, il Sultano Sahak incitò i suoi compagni a condividere con altri le conoscenze imparate e memorizzate. Da quel momento in poi, quindi, i kalaam vennero trasmessi di maestro in apprendista e di precettore in discepolo, sia in forma scritta che orale.


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