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“Applicazioni / Applications”: il quarto numero della rinata rivista La Biennale di Venezia
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“Applicazioni / Applications”: il quarto numero della rinata rivista La Biennale di Venezia

L'ultimo uscito dell’anno 2025 sarà presentato in anteprima il 4 gennaio 2026, ore 18, presso la Libreria Tantestorie di Asiago.

Applicazioni / Applications
n. 4 / 2025

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Applicazioni

Applicazioni / Applications è il titolo del numero 4/2025 della storica Rivista edita dalla Biennale di Venezia, tornata a nuova vita a fine 2024 dopo cinquantatré anni di silenzio editoriale. 
Il nuovo numero, l’ultimo uscito dell’anno 2025, sarà presentato in anteprima ad Asiago, presso la Libreria Tantestorie, il 4 gennaio 2026 alle ore 18. Interverranno il direttore editoriale della Rivista, Debora Rossi, e l’imprenditore Giovanni Bonotto, autore di un contributo all’interno del nuovo numero. 

Il volume esplora il rapporto tra le nuove forme della creatività e indaga i diversi modi in cui l’arte entra nella quotidianità al tempo della sua inconsapevolezza: quella di essere arte. L’artefatto è qualcosa che ci circonda continuamente e l’uomo vive in relazione continua con gli oggetti: li costruisce, li produce, li utilizza, li impiega per abbellire gli ambienti in cui vive e lavora in una stretta interazione fra design e società, tra artigianato e industria, tra cultura materiale e cultura digitale. 

Tra i contributi figura quello dei fratelli Anastas, architetti palestinesiche con il progetto Stone Matters indagano l’uso della pietra nell’architettura contemporanea palestinese, per liberarla da logiche di dominio e introdurre nuovi modelli economici nel settore edilizio. L’imprenditore e collezionista Giovanni Bonotto mostra come fare impresa possa diventare un atto artistico, rifiutando la standardizzazione, rallentando i ritmi, valorizzando la manualità. Brendan Cormier, Chief Curator del V&A East Storehouse di Londra e curatore del Padiglione Arti Applicate alla Biennale Architettura 2016 e 2025, rivaluta il concetto di arti applicate come campo contemporaneo e attuale, capace di proporre nuovi modelli creativi. L’architetto danese Bjarke Ingels teorizza la Città consapevole e racconta come nel progetto dell’aeroporto del Bhutanmette in dialogo artigianato tradizionale e tecnologia avanzata, attraverso la collaborazione tra intagliatori del legno locali e robotica. Giovanni Leone descrive il Padiglione del Libro Electa alla Biennale Architettura 1991, progettato da James Stirling, come un esempio dell’abilità dell’architetto britannico di combinare libertà formale, rigore funzionale e padronanza tecnica. Julio Luzán, che opera da decenni nel settore delle scenografie cinematografiche, mette in luce il dialogo tra saperi artigianali e innovazione tecnologica nella creazione di mondi cinematografici suggestivi. Tim Reeve, Deputy Director and Chief Operating Officer del Victoria & Albert Museum di Londra, in una doppia intervista con Elisabeth Diller, architetto e progettista del V&A East Storehouse, evidenzia il dialogo continuo tra curatela e architettura nel progetto, mostrando come la collaborazione tra idee e design abbia generato un nuovo modello di museo: aperto, accessibile e partecipativo, in cui il pubblico entra in una relazione diretta e condivisa con le opere. Julian Schnabel descrive il suo percorso come pittore e filmmaker, spiegando il processo creativo come un atto di scoperta più che di rappresentazione. Dejan Sudjic racconta la ricerca della designer olandese Hella Jongerius centrata sul valore dell’imperfezione che diventa testimonianza del gesto manuale, del tempo che passa e della memoria degli oggetti, valorizzando tracce, riparazioni e ricomposizioni come elementi narrativi e culturali. Il tema del mosaico viene presentato come un medium artistico autonomo, al pari della pittura e della scultura, le cui potenzialità espressive sono ancora in gran parte da esplorare, attraverso le voci di curatori e mosaicisti coinvolti nella Biennale Internazionale di Mosaico Contemporaneo di Ravenna. Stefano Salis descrive il libro non solo come il principale mezzo di trasmissione del sapere, ma anche come un oggetto di straordinaria bellezza grazie alla tipografia artigianale, e come una forma di resistenza alla crescente digitalizzazione. Il testo di Virgilio Villoresi propone una riflessione sull’arte della stop-motion, intesa come un “gioco serio” in cui la manualità artigianale si unisce alla magia del cinema. 

In copertina una stampa cromogenica dell’artista tedesco Andreas Gursky, “Nha Trang” (2004), che raffigura schiere sparse di donne impegnate a intrecciare sedie e ceste di bambù sul pavimento di un capannone industriale nella città costiera vietnamita di Nha Trang.

Il numero è illustrato anche con i servizi fotografici di Michele Borzoni, Rachele Savioli, Matteo De Mayda, Alessio Miraglia, Antonio Biasiucci, Daniele Borghello, Martino Gamper, Iwan Baan, Lorenzo Castore.

Le voci del n. 4/25 sono di Luigia Lonardelli, Umberto Eco, Massimo Sterpi, Stefano Micelli, Brendan Cormier, Diane De Clerq, Daniele Torcellini, Âniko Ferreira da Silva, Giuseppe Donnaloia e Pavlos Mavromatidis, Marco Santi, Stefano Salis, Lilli Hollein, Virgilio Villoresi, Giovanni Leone, Yervant Gianikian, Giovanni Bonotto, Padre Simone Raponi, Fuyumi Namioka, Francesca Ummarino, Stefano De Matteis, Elias e Yousef Anastas, Marta Cuscunà, Deyan Sudjic, Bjarke Ingels, Tim Reeve, Elisabeth Diller, Álvar González-Palacios, Julio Luzán, Julian Schnabel.

Pensata e realizzata esclusivamente in formato cartaceo, la Rivista si distingue per un ricco apparato iconografico, in gran parte tratto dall’Archivio Storico della Biennale e da ricerche fotografichecondotte a livello nazionale e internazionale. Pubblicata con cadenza trimestrale, ogni suo numero è dedicato a un tema monografico, ponendo in dialogo le discipline che caratterizzano La Biennale di Venezia — arti visive, architettura, danza, musica, teatro, cinema — insieme a incursioni nel campo delle scienze, della letteratura e della moda.

La Rivista accoglie interventi, testimonianze, interviste, dialoghi e contributi inediti ed esclusivi, firmati da artisti, studiosi e figure di rilievo del panorama culturale e della società civile, sia italiana che internazionale. Molteplicità di linguaggi e libertà espressivacaratterizzano ogni pagina, con ampio spazio alla sperimentazione grafica e alle contaminazioni tra forme e codici diversi.

Il progetto

Concepita e realizzata in edizione cartacea, dotata di un significativo apparato iconografico che attinge in buona parte dall’Archivio Storico della Biennale e da ricerche fotografiche nazionali e internazionali, la rivista avrà cadenza trimestrale, con trattazione monografica per ogni numero, facendo dialogare le discipline proprie della Biennale di Venezia - arti visive, architettura, danza, musica, teatro, cinema - ma anche scienze e letteratura. Come nella prima rivista, anche la moda rientra nei mondi di riferimento, proprio per la relazione del suo processo creativo con l’arte, gli archivi, la sperimentazione.

Ogni numero contiene interventi, testimonianze, interviste, dialoghi e contributi inediti ed esclusivi a cura di artisti, studiosi, personalità italiane e internazionali del mondo della cultura e della società civile. Diverse sono le modalità espressive che danno spazio alla grafica e alle contaminazioni tra i linguaggi.

La redazione

Direttore editoriale della Rivista è Debora Rossi. La direzione è affidata a Luigi Mascheroni, giornalista e scrittore. La Redazione è composta dall’Ufficio Attività Editoriali, gli Uffici stampa e da una squadra di figure professionali proveniente dai diversi Settori della Biennale. Il progetto grafico è a cura di Tomo Tomo, studio di design della comunicazione fondato a Milano da Davide Di Gennaro e Luca Pitoni.

La distribuzione

La rivista, in vendita nello store online della Biennale e nelle principali librerie, sarà presentata in vari luoghi e manifestazioni in Italia e all’estero.

Nota storica

La rivista della Biennale di Venezia 1950-1971 
In considerazione del grande successo della XXIV Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale del 1948, la prima dopo la Seconda guerra mondiale, già nei primi mesi del 1950 l’Ente decise di pubblicare una rivista con l’intenzione di farne l’organo ufficiale di promozione delle sue manifestazioni. L’idea era dar vita a una rivista trimestrale intitolata ‘La Biennale di Venezia’. L’immagine di copertina variava ogni volta in relazione alle attività della Biennale e la rivista sin dagli inizi si presenta come un oggetto prezioso, di grande formato, molto curata dal punto di vista editoriale, inserzioni in carte diverse e di diversa consistenza, molte immagini ricercate, per lo più in bianco e nero, ma anche con tavole a colori che nel tempo andarono aumentando. Titolo di inizio è: “La Biennale di Venezia. Rivista trimestrale di arte cinema musica teatro moda”. Il numero di lancio parte nel luglio 1950 ed è costituito da 50 pagine di testo, 5 tavole a colori e 65 tavole in bianco e nero. Casa editrice: Vittorio Alfieri, Firenze; Stamperia: Carlo Ferrari, Venezia. Il Comitato di redazione è costituto dal Presidente dell’Ente Giovanni Ponti, dal Segretario generale Rodolfo Pallucchini, il direttore responsabile della rivista è Elio Zorzi (capo ufficio stampa) che si avvale dei seguenti collaboratoriUmbro Apollonio (responsabile ASAC), Antonio Petrucci, Giovanni Piccini, Adolfo Zajotti, Ferdinando Ballo. 

Seconda fase della rivista 1960-1971 
Il numero doppio 36/37 luglio-dicembre 1959 è l’ultimo di una fase di transizione. Pallucchini aveva lasciato l’incarico alla Biennale nel 1957 e al suo posto era arrivato Gian Alberto Dall’Acqua. La direzione della rivista viene presa in mano da Apollonio, con nomina ufficiale nel ruolo dal 1958, che lavora da subito in grande sintonia con Vladimiro Dorigo. L’orientamento meno accademico impostato da Apollonio tende a dare spazio alle istanze dell’arte delle nuove generazioni, ad aggiornare ulteriormente l’aspetto del periodico in chiave meno patinata. Il cambio di passo si nota bene dal numero 40 del luglio-settembre 1960: viene cambiato nuovamente il font, aumentano i contributi di carattere critico, le immagini sono per lo più in bianco e nero. La rinnovata linea vuole dare “ampio margine ai dibattiti della critica più cogenti in un connubio di aspetti formali storici estetici che l’odierna arte mondiale propone e sviluppa”. Viene inoltre deciso che la rivista sarà pubblicata in proprio dalla Biennale, senza coinvolgere altri editori più o meno rinomati, sempre in difficoltà con le vendite. Questa linea editoriale si conserva fino agli anni Settanta, quando al posto della rivista a partire dal 1975 saranno pubblicati gli Annuari diretti da Dorigo.