fbpx Biennale Cinema 2019 | Intervento di Alberto Barbera
La Biennale di Venezia

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Intervento di

Alberto Barbera

Direttore della 76. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica

Il cinema prossimo venturo

A nessun appuntamento festivaliero, che lo si ritenga un osservatorio privilegiato o di più modesto valore, si può chiedere di dare risposte a interrogativi assai complessi come quelli che riguardano il futuro del cinema prossimo venturo. Al massimo, si può pretendere che fornisca qualche esempio degli orientamenti diversi che ispirano la produzione cinematografica nelle varie parti del mondo, quanto meno di quelle raggiunte dal lavoro di perlustrazione dei selezionatori. E poiché a saltare per prime sembrano essere state le gerarchie di valori fin qui operanti, e il vecchio apparato categoriale che consisteva in “bello e brutto, destra e sinistra, alto e basso, forte e debole”, non resta che puntare a una nuova concezione del sentire che si ponga in sintonia con i tempi. Non più dunque una definizione rigida e univoca di che cosa è cinema e cosa non lo è - ammesso che sia mai stato così: già André Bazin si era schierato dalla parte di un cinema impuro in contrapposizione all’algido rigore dei puristi (ed erano solo gli anni Cinquanta) -, ma una libera e avventurosa disponibilità a mettersi in mare senza necessariamente conoscere la meta del viaggio. Mi sembra questa la metafora più efficace per evocare lo spirito che ci ha guidato nella composizione di questo programma. Il rischio che abbiamo consapevolmente corso è quello di sembrare privi di bussola, o asserviti ad una concezione indulgente del cinema. Potrebbe invece essere il modo più consono per interrogare un cinema che agli occhi di molti appare pericolosamente smarrito, o rischiosamente minacciato dall’accerchiamento soverchiante degli altri media che condividono con esso l’esistenza all’interno della galassia della comunicazione integrata. E tuttavia, nonostante alcuni indicatori che sembrano convergere verso una visione distopica del futuro, vien voglia di affermare con forza che non di minaccia di estinzione si tratta, bensì di un processo di cambiamento in fieri tra i più radicali della sua pur breve esistenza, al termine del quale lo ritroveremo diverso da quello che abbiamo conosciuto e amato sinora, ma pur sempre vivo e vitale, portatore di istanze e linguaggi e forme nuove alle quali finiremo con l’abituarci con la rapidità che contraddistingue la nostra epoca.

Ricorrenze e tendenze

A osservare l’insieme dei film che abbiamo selezionato per questa edizione della Mostra, si distinguono alcune ricorrenze, che comunque esiterei a definire tendenze. La prima è l’ingente numero di film che affrontano, in maniera diversa, il problema della condizione femminile nelle società contemporanee. Non di film diretti da donne - che sono ancora, purtroppo, una percentuale esigua - ma ritratti di donne che anche quando sono realizzati da uomini, rivelano una sensibilità nuova e un’attenzione particolare all’universo muliebre, come raramente era successo in passato. Segno forse che le polemiche recenti, innescate dai movimenti di reazione alle prevaricazioni maschili in ogni ambito della società, hanno iniziato a lasciare un segno nella coscienza collettiva. L’altra ricorrenza interessante si rintraccia nei film che si dedicano alla ricostruzione minuziosa e documentata di accadimenti della storia recente o passata, con una chiara e precisa volontà di attualizzare eventi altrimenti destinati ad essere dimenticati o, peggio, deformati da cattivi esercizi di memoria orale. Ce ne ha fornito uno straordinario esempio il film di Marco Bellocchio, Il traditore, e altri numerosi emergeranno dal programma della Mostra di quest’anno. Che in tutti questi casi l’interesse non sia solo ed esclusivamente storico, ma riveli una volontà di riflettere e far riflettere sul presente, pare del tutto evidente. Un’altra ricorrenza è offerta dal ritorno (se non dalla presenza ormai costante, da un po’ di anni a questa parte) di un cinema della realtà che anziché essere tentato da fughe in universi paralleli o puramente immaginari, sceglie di confrontarsi con i problemi dell’oggi, senza necessariamente cadere nelle trappole della pura e semplice evocazione cronachistica. Non mancano tuttavia, anche quest’anno, i film riconducibili ai generi classici (thriller, guerra, animazione), segno che ancora oggi il cinema non può fare a meno delle stampelle che codici e convenzioni offrono a chi si propone di raggiungere un pubblico più vasto di quello che il cinema d’autore – presenza maggioritaria alla Mostra: potrebbe essere altrimenti? – riesce a raggiungere.

Un programma eclettico e articolato

Agli spettatori della Mostra il piacere di individuare altre possibili ricorrenze, in un programma eclettico e articolato, che non trascura alcun continente cinematografico, e dove il numero degli esordienti e dei registi in attesa di affermazione supera ampiamente quello degli autori più noti e consacrati. Segno della volontà di riaffermare una vocazione al sostegno delle opere meno note, e di offrire visibilità a quel cinema che, dai margini in cui è confinato, si sforza di emergere e farsi conoscere.
L’auspicio è che dall’esperienza della Mostra di quest’anno si possa uscire un poco rassicurati sul futuro che ci attende, e assai meno inquieti per quella che appare come una deriva inarrestabile, ma che forse non è tale. Come si suole dire, non aspettatevi nulla ma siate aperti a tutto, visto che l’arte dovrebbe essere fatta per dare piacere e riconoscimento, non noia e intimidazione.

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