Nel 2015 sono tornata a Singapore, dopo una lunga assenza, per conoscere meglio il Paese, comprendere il luogo e la sua gente. Molti singaporiani si sentono disorientati in un paesaggio di grattacieli in continua trasformazione. Dall’indipendenza dal Regno Unito nel 1963, la società ha subito uno sviluppo di massa. Da un tempo in cui era un insieme di villaggi, la città si è trasformata in una delle società più avanzate al mondo. Molti kampong (villaggi tradizionali) sono scomparsi.
C’è l’urgenza di ricordare un ritmo di vita più lento, legato alla comunità, prima che venga cancellato. Rivedendo le riprese del 2015, sentivo che mancavano sensazioni come l’aria densa e salmastra o la persistente presenza di azioni e di eventi passati. Come si possono vivere le storie di un luogo? Avevo nostalgia della familiarità di uno spazio e, parlando con parenti e residenti, sono stata colpita dal loro desiderio di preservare e valorizzare il passato, mentre il futuro minacciava di eliminare tutto ciò che conoscevano e amavano. Mi ha ispirata una delle residenti protagoniste del progetto, Carmen Low, che gestisce alcune attività a Chinatown. Ha trasformato il ristorante e spazio comunitario della sua infanzia in un ristorante vegano e in un moderno bar panoramico che propone nuovi artisti musicali, fondendo elettronica e opera cinese. Non solo ha preservato spazi e culture amate, ma sta coinvolgendo una nuova generazione. Di conseguenza, volevo rendere omaggio a questi quartieri andando al di là dei metodi tradizionali di documentazione filmica: perciò mi sono rivolta alla realtà aumentata, per scoprire come possiamo ricordare il significato dei luoghi e delle storie personali in una maniera nuova.