Tra i cambiamenti introdotti dall’avvento della stampa su larga scala c’è il ricordo sbiadito del fatto che, un tempo, il termine libro si riferiva tanto alla corteccia di un albero quanto a ciò che oggi consideriamo libro, e che il termine book (libro) – nell’inglese affine a beech (faggio) – designava una tavoletta di legno su cui incidere le rune. In nessun luogo l’allontanamento del libro dalla sua storia naturale si è concretizzato più che a Venezia, nella sua prima età moderna, dove i centri di produzione della carta hanno lavorato di pari passo con un’industria tipografica in piena espansione per alimentare la storica metamorfosi della materia libraria in sistemi sempre più astratti di tecnologie di comunicazione. Considerare Venezia come una città di elementi significa evocare un agglomerato di edifici in equilibrio nel bel mezzo della lotta tra terraferma e acqua, posizionato al di sopra della lenta transustanziazione dei pali di legno in colonne di pietra sommerse. In altri termini, alla base dell’architettura veneziana ci sono forze elementari in costante cambiamento e sistemi, viventi e non, in continua evoluzione. La carta stampata si è dunque inserita in questo flusso in qualità di agente stabilizzatore, estraendo alcune forme di conoscenza architettonica e relegandone altre ai margini.
The Perimeter of Architecture: Amid the Elements
Sylvia Lavin, Emanuel Admassu e Jen Wood (AD—WO), Erin Besler (Besler & Sons), Rachaporn Choochuey, all(zone), DESIGN EARTH, First Office, Michael Meredith e Hilary Sample (MOS), Low Design Office, A/P Practice