Anche la catalana Maria Campos e il libanese Guy Nader, che dal 2006 formano una compagnia indipendente con sede a Barcellona, in Times Takes the Time Time Takes insieme ad altri tre danzatori esplorano il tempo attraverso la ripetizione e l’accumulo del movimento, movimenti oscillatori che creano complessi meccanismi in sincronia con il pulsare della musica dal vivo di Miguel Marin, un’ipnotica rappresentazione del moto perpetuo.
Apripista di una nuova generazione di coreografi, Noé Soulier vanta una formazione completa che abbraccia tutta la danza occidentale, studiata tra Parigi Toronto e Bruxelles, ma anche una laurea in filosofia alla Sorbona e la scrittura di saggi. Già prenotato come direttore dal prossimo luglio dal CDNC di Angers, Soulier alla Biennale presenta due lavori che mettono sotto la lente d’ingrandimento il gesto e la memoria del corpo: The Waves con due percussionisti dell’Ictus Ensemble e Portrait of Frédéric Tavernini, con lo stesso Soulier ad eseguire le musiche di Fargion al pianoforte. Inscrivendo le sue coreografie in un contesto concettuale – quale erede di una generazione di artisti come Jérôme Bel, Xavier Leroy, Tino Seghal - i suoi lavori sono all’insegna dell’armonia e della bellezza.
Nel solco dell’alchimia tra danza e musica, della mutua conversazione tra corpo e suono, si muove anche la belga Lisbeth Gruwez, proveniente dal laboratorio artistico di Jan Fabre dopo una formazione nel classico: a Venezia sarà in scena con la pianista Claire Chevallier per Piano Works Debussy, una danza che dipinge come un acquerello la musica immateriale di Debussy; mentre è con le canzoni di Bob Dylan degli anni ‘60 e ‘70, mixate dal vivo su vinile da Maarten Van Cauwenberghe, che la coreografa e interprete dialoga in Lisbeth Gruwez dances Bob Dylan.
La basca Jone San Martín con Legitimo/Rezo mette in danza il suo personale “diario di appunti” degli oltre vent’anni di lavoro con William Forsythe, che firma con lei questo assolo/conferenza che ha fatto il giro del mondo. Uno sguardo dall’interno sul processo creativo che Forsythe sviluppa con i suoi danzatori, una riflessione sul corpo come archivio del gesto con una danzatrice che è considerata “l’archivio vivente di Forsythe”.
Da Micha Van Hoecke a Constanza Macras, da Yasmeen Godder e Ohad Naharin a Sasha Waltz fino agli italiani Virgilio Sieni e Ambra Senatore, l’esperienza di Claudia Catarzi è ampia e continua al fianco di nomi importanti anche quando si cimenta, a partire dal 2011, con la creazione personale, ideando assoli premiati ovunque. Attualmente artista associata del CDCN di Bordeaux, Claudia Catarzi alla Biennale presenta Posare il tempo, uno studio a due sul movimento in rapporto alle dimensioni essenziali di spazio-tempo, il tempo che opera nella modificazione e nell’evoluzione delle cose e lo spazio che genera le connessioni.
Matteo Carvone, attivo con importanti coreografi come William Forsythe, Emmanuel Gat, Wayne McGregor e dal 2009 coreografo freelance principalmente nel Nord Europa, rivisita e mette in “gabbia” la figura mitologica del fauno, che è anche un archetipo del balletto moderno da Nižinskij in poi, con cui si sono misurati coreografi come Lifar, Robbins, Amodio, Petit, Kylián, Béjart, Neumeier e la stessa Chouinard, che ne diede una provocatoria versione al femminile. Ancorato alla nostra contemporaneità, Carvone propone un duo maschile su un prato artificiale, una natura definitivamente perduta nella furia autodistruttiva dell’uomo.
Alla più celebre scultura neoclassica, Le tre Grazie di Antonio Canova, quintessenza di equilibrio, armonia, bellezza universali, si ispira, con brillante ironia, Silvia Gribaudi in Graces, che mette in scena tre danzatori fra cui irrompe la stessa coreografa. Contro ogni convenzione, stereotipo, automatismo, la sua danza sfreccia leggera in un’apoteosi della potenza liberatoria dell’imperfezione. Premio Danza&Danza 2019, lo spettacolo gioca sui codici sociali come su quelli della danza.
Considerato spettacolo manifesto della sua ricerca sul corpo politico, Gentle Unicorn di e con Chiara Bersani, artista attiva nell’ambito delle arti performative e visive, le è valso un Ubu come miglior attrice e performer under 35 della scorsa stagione. All’unicorno, figura mitologica di cui non si conoscono le origini e che ha cambiato forma e significati attraverso i secoli, “creatura senza patria e senza storia, usato e abusato dall’essere umano, privato del diritto di parola”, Chiara Bersani consacra il proprio corpo – carne, muscoli e ossa, cuore, occhi e respiro – per risarcirlo dei torti subiti. Regalargli una storia, un amore, una scelta.
Marco D’Agostin, già interprete per Claudia Castellucci, Alessandro Sciarroni, Iris Erez, inizia l’attività coreografica nel 2010 e da allora ha presentato i suoi lavori oltre che in Italia, in Francia, Gran Bretagna, Spagna, Belgio, vincendo il premio Ubu 2018 come miglior performer under 35. È uno dei fondatori nel 2013 di VAN insieme ad altri 8 artisti (Francesca Foscarini, Andrea Costanzo Martini, Camilla Monga, Giorgia Ohanesian Nardin, Ginevra Panzetti & Enrico Ticconi, Irene Russolillo). Avalanche, che ha debuttato ai Recontres chorégraphique internationale de Seine-Saint-Denis si ispira a un universo distopico e mette in scena un uomo e una donna sopravvissuti a una catastrofe imminente e che “camminano all’alba di un nuovo pianeta, dopo essersi caricati sulle spalle la loro tristezza”.
Sofia Nappi e Adriano Bolognino sono i vincitori di Biennale College Coreografi dello scorso anno. Il loro debutto trova ora conferma nella commissione della Biennale per due nuove opere.
Classe 1995, nato a Napoli, Adriano Bolognino, che al suo attivo ha già diverse coreografie, si è formato sia nel classico che nel contemporaneo ed è stato attivo come danzatore anche con Marcos Morau della compagnia La Veronal. Your Body is a Battleground è il titolo della coreografia per la Biennale, ispirata all’omonima opera dell’artista Barbara Kruger, dove il corpo del programmatico titolo è quello delle donne.
Con una formazione orientata al contemporaneo Sofia Nappi, nata a Firenze nel 1994, si è diplomata nel 2017 all’Alvin Ailey American Dance Theatre, per poi approfondire i suoi studi con corsi della Batsheva Dance Company e con Hofesh Shechter. Interprete di lavori firmati da Alessio Silvestrin, Jon Ole Olstad, Brice Mousset, Alvin Ailey, Earl Mosley, Clifton Brown, Sidra Bell, Netta Yerushalmy, Juel D. Lane, Robert Moses, la Nappi cerca una strada autonoma vincendo il terzo posto al Netherlands Choreography Competition 2018. Ima è il nuovo lavoro che propone alla Biennale Danza, composto “ispirandosi alla complessa semplicità del vivere, che è motivo del nostro andare avanti senza mai saziarsi”.
Ultima star, in termini di tempo, a scuotere la scena della danza francese ed europea degli ultimi dieci anni, Olivier Dubois, che ha lavorato con Sasha Waltz, Jan Fabre, Angelin Preljocaj, il Cirque du Soleil prima di imporsi con la sua compagnia sulla scena internazionale, sarà a Venezia con Pour sortir au jour. Un assolo intimo sulla memoria del corpo in cui si inscrive la storia stessa dell’arte della danza. Un viaggio attraverso i frammenti di oltre 60 spettacoli che dipanano la storia artistica di Dubois alla ricerca dell’artista attraverso l’anatomia dell’interprete.
Incontri nelle Sale d’Armi e conversazioni dopo gli spettacoli con grandi artisti: un mosaico di immagini, visioni, racconti, saperi per sollecitare un rapporto aperto alla conoscenza e al confronto, anche con un pubblico consapevole, sensibile alla ricerca dei diversi linguaggi espressivi.
Infine un ciclo di proiezioni di lungometraggi e cortometraggi sarà all’Arsenale per allargare lo sguardo sul mondo della danza e anche oltre la danza.