Nell’orizzonte di Richard Schechner, così come in quello del suo più importante compagno di viaggio ed esempio, Jerzy Grotowski, c’è qualcosa nel teatro che supera infinitamente il teatro, non a dispetto di esso, ma proprio a causa della sua specificità.
E questo è esattamente ciò che accade nel suo lavoro sul Rasa, in cui egli indaga il Nātyaśāstra come istanza radicale del teatro.
Schechner lo esamina, non nel segno di un interesse verso il multiculturalismo, ma come ambito sperimentale, partitura processuale e nucleo emozionale, capace di unire il dentro e il fuori, nel teatro come nella vita.
Una volta ancora, la sua lezione comincia un atto di fondamentale onestà intellettuale, ma anche nel nome di una prospettiva imprevista, perché come recita l’epigrafe eraclitea del suo capolavoro: “Chi non è capace di seguire l’imprevisto, non vedrà mai nulla”.
Da un testo di Dario Tomasello.