fbpx Biennale Musica 2022 | Giorgio Battistelli - Experimentum Mundi
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Giorgio Battistelli - Experimentum Mundi

Anno/Durata:1981, 60’
Sottotitolo:Opera di musica immaginistica per un attore, quattro voci naturali di donne, sedici artigiani e un percussionista
Libretto:Giorgio Battistelli
Da:Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers di Denis Diderot e Jean Le Rond D’Alembert
Attore:Peppe Servillo
Percussioni:Nicola Raffone
Coro donne:Paola Calcagni, Flora Molle, Rosa Pulcini, Anna Rita Severini
Bottai:Alfredo Sannibale, Fabio Sannibale
Falegnami:Roberto Festuccia, Alberto Casini
Pasticciere:Marcello Di Palma
Selciaioli:Oberdan Carpineti, Pietro Melelli
Muratori:Ciro Paudice, Wladimiro Carpineti
Fabbri ferrai:Gianni Sannibale, Marco Sannibale
Arrotini:Aldo Sardilli, Luigi Battistelli
Calzolai:Enzo Iezzi, Luigi Diotavelli
Scalpellino:Francesco Campanella
Design luci:Angelo Linzalata
Direttore:Giorgio Battistelli
Regia del suono:La Biennale di Venezia - CIMM (Centro di Informatica Musicale Multimediale), Thierry Coduys

Descrizione

Experimentum Mundi è un’opera di teatro musicale che ha come protagonisti sedici artigiani, quattro voci femminili naturali, un percussionista e un attore. Mentre vengono recitate le didascalie delle illustrazioni dell’Encyclopédie illuministica di Diderot e D’Alembert, che descrivono gli attrezzi dei mestieri rappresentati sulla scena, pagina dopo pagina risorge un autentico villaggio di suoni. Si tratta del paese di origine di Giorgio Battistelli, Albano Laziale, dove vivono e lavorano coloro che in Experimentum Mundi sono performer delle loro stesse professioni, occupazioni al giorno d’oggi in via d’estinzione: il pasticciere, i calzolai, gli arrotini, i falegnami, i bottai, i fabbri ferrai, i selciaioli, lo scalpellino, i muratori, con alcune mogli al seguito, a comporre il coro delle donne. Alla fine della rappresentazione ogni artigiano realizza sulla scena il proprio manufatto, in perfetta sincronia con i tempi musicali e teatrali previsti dalla partitura, in un gioco d’incastri timbrici e ritmici che esaltano gesti forgiati da un’antica tradizione. Una drammaturgia del lavoro, un rito che propizia l’arrestarsi del tempo, omaggio a un teatro privato della memoria.


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