fbpx Biennale Teatro 2023 | Leone d’Oro alla carriera e Leone d’Argento
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Leone d’Oro alla carriera e Leone d’Argento



Il regista Armando Punzo, fondatore della storica Compagnia della Fortezza, la prima nata in un carcere e diventata una delle realtà più importanti della scena di ricerca, è il Leone d’Oro alla carriera della Biennale Teatro 2023; al collettivo belga FC Bergman, autore di spettacoli che sono un originale amalgama tra cinema, letteratura, arti visive, è attribuito il Leone d’Argento.

A seguire, conversazione con gli artisti
moderatore: Andrea Porcheddu

 

Scrivono Stefano Ricci e Gianni Forte (ricci/forte) nella motivazione del premio ad Armando Punzo: “La ricerca del senso del teatro inizia quando ci si avventura in territori umani spinti dalla necessità di una propria, originale, identità culturale. Dove il palco si nutre della stessa vita concreta. Nel tentativo di comunicare attraverso l’isolamento, artistico e geografico; il carcere e le sue barriere. Forzare un limite, l’assenza di libertà che frantuma gli assiomi attraverso il Teatro per diventare rigogliosa mietitura. Ricominciare a sognare un nuovo uomo e imporlo alla realtà. Una forma visionaria di comunicazione distillando un linguaggio ricostruito all’ombra di un pregiudizio: lo spirito e la fantasia non hanno sbarre che contengano ma, soprattutto, siamo certi che siano gli Altri i prigionieri condannati ad un perimetro? I nostri limiti, le paure, il bisogno di affermazione sociale, la cecità verso il prossimo; rendere visibile il non palpabile, l’inconsapevole: un’utopia culturale di cui Armando Punzo e la Compagnia della Fortezza sono le fulgide incarnazioni”.

“Con le loro creazioni – secondo Stefano Ricci e Gianni Forte (ricci/forte) - gli artisti fiamminghi FC Bergman, ispirandosi al cinema, alla letteratura e alla storia dell’arte, amalgamando un’estetica pittorica e l’uso di una tecnologia molto avanzata con i grandi racconti allegorici-medievali-biblici, plasmano un originale linguaggio di teatro-danza site specific, poetico e al tempo stesso irriverente, che rilascia una sensazione di sconcertante disagio nello spettatore. Utilizzando riferimenti, simboli e immagini profondamente radicati nella cultura e civiltà occidentale, sfuggendo alla dittatura del punto di fuga dei teatri all'italiana con prospettive organizzate in vorticosi tableaux vivants e riservandosi un margine d’imprevedibilità e improvvisazione, gli FC Bergman flirtano con i limiti del fattibile, creando delle apocalittiche favole moderne, spesso senza parole ma di sorprendente forza plastica e potere evocativo, focalizzandosi così sull'Uomo – combattuto tra il desiderio esistenziale di trascendere i propri perimetri e la paura di un cambiamento – seguendolo nelle sue commoventi odissee che si metamorfizzano poi in tragicomiche disavventure”.

Ca’ Giustinian

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